Le strutture architettoniche sinora ricordate stanno a dimostrare che G. Bernardino Genuino nella progettazione dell’interno della Chiesa Cattedrale di Gallipoli sentì in modo particolare l’influsso dell’arte classica, anche se coniugata con un ornato proprio dell’arte barocca, come l’inserimento dei festoni ad intreccio floreale nelle volte delle navate minori e in quelle del transetto,ed ancora la presenza delle rosette lungo gli archi e sotto le volte stesse.

Ma l’ispirazione maggiore del geniale architetto rimane sempre quella dell’arte classica, per decorare in modo davvero singolare una delle strutture di maggiore rilevanza, la trabeazione, che corre tutt’intorno nella navata centrale, nel transetto, nel coro e lungo le pareti della grande cupola, incastonandovi quegli elementi ornamentali espressi dalle metope e dai triglifi.

Le prime, come recita il loro stesso nome greco metòpe, sono lastre o formelle di pietra scolpite a bassorilievo con motivi riguardanti simboli o paesaggi oppure avvenimenti storici di una certa importanza ; gli altri, dal greco triglyphos, sono pure lastre di pietra che recano incise soltanto tre scanalature verticali e che sul bordo inferiore hanno una serie di peduncoli.

Metope e triglifi sono sistemati, in genere, alternati tra loro e, per quanto si riferisce alla nuova Chiesa Cattedrale di Gallipoli, entrambi sono considerati dall’osservatore forse troppo frettoloso come uno dei tanti elementi decorativi inseriti nel tessuto architettonico interno della Cattedrale.

Ed invece, specialmente nelle metope, i provetti scalpellini impegnati nella costruzione e nella decorazione del sacro edificio hanno saputo esprimere nel bruno carparo locale aspetti particolari della vita religioso-devozionale, avvenimenti e vicende della storia della nostra Città e testimonianze relative a personaggi illustri della stessa, che hanno contribuito a realizzare ed a rendere sempre più sontuosa l’opera.

Bene a ragione osserva E. Vernole che le metòpe nell’architrave della Cattedrale rappresentano “…un altro elemento a conferma che il concetto ispiratore sia venuto a G.B. Genuino dal classico puro dell’epoca ellenica.., e che in quel classico antico si sviluppa sulle metope la rappresentazione scultorea delle glorie patrie, dell’iconografia religiosa, dell’allusione simbolica. Ed in quelle metòpe l’architetto geniale riprodusse talune delle più caratteristiche iconografie esistenti negli affreschi del tempio normanno che egli demoliva”.

Nella ricognizione e rivisitazione di questi interessanti motivi iniziamo da quelli che sono nella fascia di trabeazione sulla parete di fondo della Cattedrale.

Ne sono inseriti sette, di forma rettangolare, che esprimono elementi decorativi dal disegno perfettissimo di ghirlande, di rosoni, di ricciute teste di cherubini, di palmette, di volute, intervallati da sei eleganti triglifi.

Lungo la navata maggiore, sulla sinistra, la sequenza delle formelle è più varia e diventa sempre più interessante modellate nel bruno carparo e con effetti chiaroscurali che rendono le figure con maggiore evidenza, ecco le simboliche tenaglie con la recisa mammella di S. Agata, le palme del martirio della Santa e la cornucopia con arco e freccia che alludono a Gallipoli ricca di traffici e sempre pronta alla difesa.

Poi, come in una ideale processione, si succedono i bassorilievi che rievocano scene come quella del Presepe che raffigurano le immagini di S. Rocco, di S. Pietro e Paolo, di S. Antonio di Padova, di S. Barbara e di altri Santi per i quali è stata sempre viva la devozione da parte del popolo di Gallipoli.

Di particolare interesse sono le metope nelle quali l’esperta mano degli scalpellini ha saputo riprodurre scene relative alle più significative vicende della storia della nostra Città

L’episodio dell’attacco delle forze venete al fortino di S. Luca che determinò la caduta di Gallipoli ed anche la morte dell’ammiraglio della Serenissima Giacomo Marcello, il 19 maggio 1484;

L’approdo nel porto di Gallipoli della galea dei Cavalieri di Rodi costoro, dopo che i Turchi occupano l’isola, fuggono da quella terra e a conclusione di un avventurosa navigazione, giungono nella nostra Città nell’aprile del 1523 e vi sostano accolti dalla popolazione con vivo senso di ospitalità.

La sosta nella grande rada del mare di Gallipoli della galea di Don Giovanni D’Austria, che, prima di raggiungere con la flotta cristiana le acque di Lepanto per la guerra contro i Turchi del 1571 ed ancora dopo la strepitosa vittoria del le armi cristiane, voi le fermarsi in questa Città per qualche tempo.

Sono bassorilievi che, nel loro succedersi lungo l’architrave creano la sensazione nel visitatore di scorrere le pagine di un libro di storia e di rivivere episodi che non sono soltanto di storia locale. perchè gli stessi nel medesimo tempo appartengono a vicende storiche di ambito più ampio, di carattere nazionale.

E nel tempio dedicato alla Santa di Catania non potevano mancare le metope riguardanti l’evento prodigioso del rinvenimento della mammella e che, alternate a triglifi ed a formelle decorative floreali e simboliche, ovviamente sono sistemate sulle fasce della trabeazione del transetto di sinistra dove si erge maestoso l’Altare dedicato alla Martire Agata.

Dopo il bassorilievo, che è nell’angolo estremo della trabeazione che corre al di sopra della Cappella di S. Maria del Soccorso e che presenta un motivo floreale segue la metopa che ritrae un tratto della cinta muraria della Città ed il mare solcato dalla fusta a vela del gallipolino Goselmo.

Costui d’accordo con un uomo d’armi francese di nome Gilberto decide di trafugare il corpo di S. Agata, che l’esarca Giorgio Maniace, per ingraziarsi l’imperatore di Costantinopoli, aveva sottratto a Catania nel 1040 e portato a Bisanzio fazione dei due mirava a riportare i sacri resti della Santa nella sua città.

Il piano riesce e dopo varie peripezie, la fusta di Goselmo che a poppa aveva il nome di “Gallipoli”, giunge in vista della nostra Città .

Poi è un’altra metòpa a soggetto decorativo floreale e subito dopo quella che rappresenta la fusta di Goselmo che approda sul lido a sud-est di Gallipoli, presso il quale trovasi il fonte naturale del Cotriero, dove le donne del contado si recavano per attingere l’acqua e per lavare i panni e dove Goselmo decise di lasciare la reliquia più simbolica del corpo di S. Agata, una delle mammelle recise durante il martirio, fiducioso che la stessa sarebbe stata ritrovata.

L’autore della metòpa, nella impossibilità di rappresentare il fonte naturale del Cotriero, ha però riprodotto simbolicamente la Fontana Ellenica della Città.

Intervallata da basso rilievo che esprime motivi floreali succede la metopa dell’estrema sinistra della trabeazione. Vi è raffigurato un altro momento della vicenda del ritrovamento della mammella una donna addormentata presso il fonte, mentre una bimba, muovendosi carponi, si avvia verso il sito dove Goselmo ha lasciato la mammella della Santa.

Nel tratto della trabeazione che è al di sopra del dossale dell’altare di S. Agata sono incastonate altre due metope nelle quali sono riprodotti, con grande efficacia rappresentativa, sulla sinistra di chi guarda, il corteo vescovile e, in primo piano un sacerdote che reca tra le braccia la bimba che aveva trovato la mammella; sulla destra, un corteo vescovile che restituisce alla madre una fanciulla: la bimba del ritrovamento che allevata ed educata dalla cittadinanza, divenuta grandicella viene restituita alla famiglia.

Altre metope infine, intervallate ad eleganti pilastrini, ornano i quattro lati del cornicione che corre tutt’intorno al di sopra dei quattro grandi archi a tutto sesto, i quali determinano la crociera della cupola centrale. In esse sono riprodotti gli scudi araldici del Re Filippo IV, della Università Callipolitana. del Vescovo Consalvo De Rueda, del Capitolo Cattedrale, del medico G. Giacomo Lazzari, dei Coppola, dei Sermastri, dei Protopapa e di tutte le famiglie patrizie che avevano contribuito con le loro donazioni alla costruzione della nuova Chiesa Cattedrale.

L’interno della Chiesa Cattedrale di Gallipoli si presenta, perciò, vario nel disegno. nella realizzazione delle strutture e nelle forme integrative delle stesse e più che lusinghieri risultano i giudizi che amatori, studiosi e critici hanno espresso.

G. Palumbo ritenne che ‘… gli elementi classici e la semplicità elegante del Rinascimento si coniugano in una felice armonia… .

P. Maisen e L. DAmato concordano nel rilevare che la nuova Cattedrale gallipolitana è “… la prima tra le chiese salentine per la sveltezza della costruzione dovuta alla regolarità del disegno..,”

Secondo C. De Giorgi, la Cattedrale esprime motivi architettonici interni che ‘… risentono pochissimo dell’influsso invadente della curva sulla retta e del composito sul semplice…”

Il dotto canonico E. D’Elia, in suo interessante saggio sulla Cattedrale, giudica il sacro edificio “…un vero gioiello di arte… in quanto in essa tutto è sobrio, tutto è severo, tutto è rispondente alle grandi linee dell’ordine dorico e niente di lambiccato…

P. Matti ritiene che ‘‘… il grande architetto gallipolitano G. Bernardino Genuino ha saputo creare la Cattedrale, attuando schemi e disegni di chiara ispirazione cinquecentesca…”

Per il nostro E. Vernole la costruita Cattedrale è “… una delle più vaste, una delle più belle di Puglia, certo la più solenne e maestosa… e l’assieme, sobrio e serio, presenta felicemente accoppiata una grande solidità ed una classica sveltezza…”

Mons. Carlo Corvaglia, attento studioso della vita religiosa della nostra Città, vede la nuova Cattedrale come “.. un magnifico complesso di architettura.., un insieme che non ha nulla da rimproverarsi al confronto con i migliori esemplari dello stile. uno dei migliori templi del Mezzogiorno…”.

Secondo due autorevoli critici d’arte della statura di M. Calvesi e M. Manieri – Elia. “la costruzione a croce latina della nuova Cattedrale di Gallipoli, dovuta al genio di G. Bernardino Genuino, aspira ad un effetto di grandiosità rinascimentale.., rilevando il passaggio da una sensibilità quattrocentesca ad una cinquecentesca.. “

Infine, un altro studioso e ricercatore, il canonico Sebastiano Verona, attraverso una serie di precise note critiche, non a torto afferma che “… la Chiesa Cattedrale di Gallipoli, vanto del genio di un architetto locale, G. Bernardino Genuino, è una colossale opera d’arte, storia vivente della Città scritta nella pietra…”

Una concordanza di giudizi, quindi, che derivano tutti da un attento esame delle caratteristiche architettoniche e di quelle complementari alle stesse, ed è espressione di una valutazione seria della singolarità delle diverse e varie strutture che “… rivelano una capacità franca e matura di progettazione e di realizzazione… “